martedì 5 agosto 2014

E' in un letto dalle lenzuola sgualcite e disordinate che ancora conservano l'odore di quanto successo. Nicole Moore non ha ancora aperto gli occhi. Sarà che la vicinanza con quelle lenzuola sembra lasciarle addosso un senso di appagamento completo. Appare più che mai serena e rilassata. La debole luce che filtra dalle tende tirate all'interno della stanza rischiarando appena una gamba nuda che scivola via dalle lenzuola. La schiena scoperta, i capelli sparsi sul cuscino. La casa è silenziosa nonostante si tratti di un piccolo appartamento a Capital City. Spartano come la sua stanza sullo skyplex a ricordarle che probabilmente dovrebbe mostrare un briciolo di senso dell'organizzazione più femminile che maschile.  
E' in quel momento che la porta dell'appartamento si apre. L'attimo in cui lei apre gli occhi. Owen Duhnam è appena rientrato dalla sua giornata lavorativa. Si muove veloce in quella che è casa sua. Sfila la giacca e, nonostante la fretta di raggiungere la camera da letto, la ripiega con cura poggiandola sul bordo di una sedia a sottolineare che non può rimanere molto. Che deve tornare a lavoro. Entra nella camera da letto piano cercando di fare meno rumore possibile anche se è pienamente consapevole che lei è già sveglia. Siede sul letto piano lisciando la cravatta che oggi, di un grigio chiaro, ne ferma la camicia all'altezza del collo.
E' la prima cosa che Nicole Moore recupera tra le dita della mano destra tirandosi appena su così da scoprire del tutto un seno. Nel gesto l'attira a sè. Come già fatto non troppo tempo fa. 
"Sono tornato solo per dirti che stasera ceniamo insieme"
"E non potevi mandare un messaggio?"
"Non mi sarei perso uno spettacolo del genere per nulla al mondo" 
Il sorriso che illumina il viso di Nicole Moore è fin troppo chiaro. Impreziosito da quella sottile vena maliziosa che tutte le donne possiedono. Lei è solo più brava a lasciarla scivolare via. Si tira su scivolandogli vicino così da poggiare le labbra contro le sue mentre le braccia s'allacciano dietro il suo collo. La schiena lievemente ricurva ed il corpo che s'adagia piano contro la sua spalla.
"Quanto tempo hai?"
"Sempre troppo poco"
"Mi basta" 
 L'attimo successivo Nicole Moore trascina tra le lenzuola il padrone di casa. Il pomeriggio è troppo lungo per passarlo da sola.

domenica 3 agosto 2014

Non mi hai detto se..?

Skylex - Nicole's Room
E' una stanza piccola e piuttosto spartana. Un letto alla francese, da una piazza e mezzo sfatto e con i cuscini sparsi tra le lenzuola, un piccolo armadio ed una scrivania. Poche cose poggiate sulla stessa. Il c.pad ed un holodesk. Un paio di weyland, più di una e non tutte della stessa dimensione, ed il coltello da caccia. Niente quadri e niente foto. Assomiglia più ad una stanza di scapolo che di una ragazza. Niente finestre. Un carcere più che una camera da letto.
Owen Dunham è seduto sul letto. La posa rilassata, lo sguardo rivolto a quello che ha attorno. In attesa. Un'attesa che sembra interminabile. Si è tolto la giacca per comodità ripiegandola con cura quasi maniacale sull'unica sedia presente nella stanza. Quella vicino alla scrivania.
Nicole Moore è chiusa nel piccolo bagno che ogni camera dello skyplex possiede. E' li dentro da pochi minuti ma che sembrano ore visto che ancora non ha smesso di osservare la figura di giovane donna che lo specchio sembra rimandarle indietro. E' davvero lei?  Ha sistemato i capelli ed ora la treccia è molto più elegante e precisa. Molto più femminile ed ha indossato il vestito. Quello che, una mezz'ora prima, proprio l'uomo seduto sul suo letto le ha comprato. E' corto e scosciato e le lascia la schiena nuda. Forse troppo nuda considerando che neanche i capelli sembrano infastidire la perfezione del quadro completo.
Dopo un sospiro apre la porta del bagno scivolando fuori a piedi nudi ed il viso lievemente abbassato. C'è improvvisamente un silenzio imbarazzante nella stanza. Pregno di ansia e di aspettativa. Di una tensione anche diversa, qualcosa che le premesse iniziali hanno palesemente alimentato. Si morde il labbro inferiore poi solleva il viso per cercare lo sguardo dell'uomo sul letto. Appare comunque risoluta. Decisa a non farsi trovare impacciata. La schiena dritta, le spalle tese. Il mento sollevato. Non c'è paura nei gesti ma forse, un filo di quella stessa paura, scivola via dagli occhi.
"Voltati"
Quell'unica parola le arriva addosso come uno schiaffo violento che le fa anche lievemente girare la testa di lato. Socchiude gli occhi ma non abbassa lo sguardo. Non ora almeno. Poi fa esattamente come richiesto. Piano e lentamente gira su sè stessa prendendo un profondo respiro. Il movimento mette in mostra i tendini della gola e l'incavo della giugulare. Rimane ferma. Di spalle. Non chiede come sta ma è visibilmente in attesa di qualcosa.
E' in quell'attimo che Owen Dunham si alza dal letto. Sente il fruscio sulle lenzuola. Il gesto fluido e deciso. Di chi è comunque il pieno padrone della situazione. Le arriva dietro piano facendole sentire addosso una presenza ingombrante. Più che mai evidente. Nicole Moore stringe la mascella ma non si muove. Neanche quando sente, lentamente, la spallina del vestito scivolare verso il basso. A scoprire la spalla. A lasciar scivolare via lembi di pelle sempre più velocemente. Le dita dell'altra mano all'altezza del fianco che stringe appena per attirarla a sè. Nicole Moore sente l'addome contrarsi in una morsa. Uno spasmo sottile. Un  brivido lungo la pelle. Socchiude gli occhi e schiude le labbra.
"Non mi hai detto se.."
Non fa in tempo a dirlo che anche l'altra spallina scivola verso il basso mentre il tocco leggero delle labbra di lui le accarezza l'incavo del collo. Lei scosta appena di lato la testa per lasciare più spazio. Molto più spazio che lui si prende senza esitazione attirandola più indietro. Contro di sè. Il vestito scivola via, a terra. Ai suoi piedi. Il contatto con la stoffa dietro la schiena le fa perdere il controllo ma, ciò nonostante, non si volta. Sta ancora aspettando una risposta che, alla fine, arriva.
"Le pretese dei tuoi colleghi saranno.."
Tra una pausa ed un'altra. Un morso sul collo.
"Ampliamente ripagate.."
Non aggiunge altro ma dal sorriso soddisfatto che gli taglia il viso in maniera chiara, probabilmente anche le sue, di pretese, saranno ripagate.

sabato 2 agosto 2014


Nicole Moore non appartiene a nessuno. Ha 15 anni, c'è qualcuno che la rincorre lungo la strada principale. Sta scappando. Il fiato corto. Gli occhi sbarrati ed i capelli al vento. Si sentono delle grida dietro di lei. Qualcuno è arrabbiato e ce l'ha con lei. Una vecchietta esce da un vicolo laterale e lei le finisce contro. Ruzzola a terra. Si sbuccia un ginocchio. Il braccio destro. La guancia. Il dolore le percorre la schiena in maniera netta ed istantanea. Violenta persino. E quando scrolla la testa è già troppo tardi. Due mani grandi l'afferrano e la tirano su, trascinandola via.

Nicole non appartiene a nessuno.
Non a suo padre che continua, ancora oggi, a mandarle delle lettere nella speranza di ricevere una risposta che, in verità, non arriverà mai.
Alla donna che l'ha cresciuta, che l'ha incattivita e quasi segregata in una vita che non le è mai appartenuta e che non ha mai considerato sua.
Ai tre figli di quella donna. Ognuno con i suoi modi di fare. Con i suoi gesti. Chi con la malizia. Chi con il suono leggero di una risata. Chi con la sua passione. A travolgerla ed a farla sua. Li, in un vecchio fienile.
A tutte quelle persone che ha incontrato lungo la sua strada. Che l'hanno usata, come lei ha usato loro, e che - nonostante tutto - le hanno dato la possibilità di essere la donna che è ora. Dura ed incattivita. Un animale selvatico ed un pò forastico. Dall'aria sempre imbronciata.

Eppure oggi, Nicole Moore, sente di appartenere a qualcuno. A quell'uomo che, come lei, appare solitario. Che le ha aperto la strada per un qualcosa che forse - anche solo per un dannatissimo istante - ha sempre desiderato con tutta sè stessa. Un branco. Il suo branco. 


Ed in quel branco poi è comparsa un'altra figura. Più ambigua e meno diretta. Schietta nei modi al pari di una lama sottile. Nicole sente di appartenere ad entrambi. In maniera diversa. Per il primo è più un qualcosa di materiale e fisico. Un bisogno di correre nella notte per una lunga corsa senza sosta e senza limiti. Priva di ostacoli. Per l'altro è più mentale. Un qualcosa che le accarezza la pelle. Le fa rizzare i peli delle braccia e le scorre lungo la schiena come un brivido sottile. 

Non sa quanto potrà durare tutto questo ma - ora che apre gli occhi ritrovandosi da sola nella sua stanza sullo skyplex - Nicole Moore sorride.