sabato 27 settembre 2014

Ha aspettato quella sera come se non dovesse mai arrivare. Ha svuotato l'armadio della sua stanza. L'ha riversato sul letto fino a trovare gli abiti adatti, forse troppo scollati anche per lei, da indossare. E' scesa nell'attimo in cui il campanello l'ha avvisata del suo arrivo. L'euforia che ne caratterizza i gesti è così palpabile che sembra quasi essere tornata bambina - quella che non è mai stata o che qualcuno le ha negato di essere.
L'abbraccia piano ma c'è - nell'aria - il sentore di una presenza ingombrante. La amano entrambi ed entrambi - probabilmente - si sentono in colpa per aver cercato un movimento di evasione, che non arriva mai e che dura sempre troppo poco.
Quando raggiungono il Belvedere sono già uscite tante cose in quella macchina. Cose che l'hanno fatta diventare improvvisamente stretta eppure, Nicole Corradine Moore, alla vista di quel vestito quasi sbianca. Non sa se esserne sconvolta o se sprizzare felicità da tutti i pori. Le piace. Con quelle trasparenze. Le piace l'idea di metterlo per poi seguirlo mentre glielo sfila via, lasciandola nuda come già una volta ha fatto.
E poi arriva quella notizia. La decisione che lui ha già preso e che le riscalda le viscere fin quasi a farla esplodere. Che le toglie la terra da sotto i piedi e che la vede intenzionata a fuggire via. Di nuovo. Come un gatto ferito che cerca un posto dove morire in solitudine.
L'angoscia di doverlo dividere. Di saperlo tra le braccia di qualcun altro - non per amore - ma perchè necessario. Per una causa più grande, anche se fa male ad entrambi e distrugge qualcosa.  
"Dimmi cosa vuoi che faccia?
Non ha mai chiesto niente Nicole Corradine Moore. Non ha chiesto di passare del tempo con lui. Non ha chiesto di far parte della sua vita. Non ha neanche risposto a quella che lui ha definito come una "relazione clandestina". L'ha semplicemente accettato. Come si accettano i regali o i baci. Come si accettano altre cose. Ora chiede. Chiede per sapere. Chiede per avere una risposta che lei non riesce a trovare, perchè troppo spaventata per ammettere che - dividerlo con altri - non è cosa che vorrebbe gestire. Non è un qualcosa che vorrebbe fare.
Il silenzio è tagliente e ci sono dentro tante domande. Baciami. Non lasciarmi. Ti ho spezzato il cuore e lo sto spezzando anche a me stesso. Poi - alla fine - semplicemente, non odiarmi
In quel momento Nicole Corradine Moore vorrebbe maledirlo. Fargli tanto di quel male da avere le unghie spezzate ed il sangue sulle dita perchè vorrebbe odiarlo. Con tutta sè stessa. Vorrebbe odiarlo per non stare così male. Per non sentire così male dentro. Nel profondo. Li dove non è mai arrivato nessuno ed invece lui - il sapiente ballerino - ha saputo fare breccia piano piano. Pezzo dopo pezzo. Mattone dopo mattone.
I vetri del Suv s'appannano da quel momento in poi mentre una miriade di lanterne volano verso l'alto. Volevano essere guardate forse ma loro erano troppo presi a riversarsi addosso tutto, compresa l'anima.  
Sarà forse solo dopo quando - stanca e spossata - nel letto del suo appartamento, Nicole Corradine Moore si ritroverà a fissare il soffitto, senza sapere se - domani - potrà ancora dire noi.

giovedì 25 settembre 2014

Nicole Corradine Moore si sta preparando per iniziare l'ennesima giornata di lavoro. Quella che le permetterà di non pensare e di concentrarsi solo sul dovere. Senza piaceri nè altro. 
Ha riletto più volte il messaggio che Gustav Beauregard le ha mandato. L'ha riletto così tante volte da strapparle qualcosa nel petto. E non è del tutto sicuro che il cuore non abbia fatto crack in quel momento. Tutto sommato è felice per lui, Nicole Corradine Moore. E' felice che qualcuno - a cui lei tiene molto anche se non lo dice spesso - abbia trovato un momento di pace e di serenità. Sospira. 
Si volta pronta per recuperare le ultime cose e gli occhi verdi si soffermano sulle lenzuola bianche della sua camera da letto. La camera più spartana che possa esserci. Una delle camere poco femminili del Verse nonostante appartenga ad una donna.  
Non ci mettono molto i pensieri a tornare a galla. Daphne Kim che barcolla. Che ha i polsi segnati. Che si è fatta al punto tale da rischiare di morire. Daphne Kim a cui ha detto che la preferisce morbida. Con tutto quello che c'è da toccare al posto giusto. Nei punti giusti. Daphne Kim che sorride e che piange. Che ha paura ma che si ostina - con tutta la forza che solo una Yiji possiede - a lottare per coloro che ama. Per coloro che ci tengono. Per quei pochi che - con ostinazione - la spronano per andare avanti. Per non cedere. Per non cadere.
Tornano alla mente delle promesse che non si stanno avverando. Che forse sono stati più desideri di una sciocca ragazzina che veri pensieri. Osserva il c.pad distrattamente nella speranza di vedere avverati quegli stessi desideri che non la fanno dormire la notte. Che le lasciano un vuoto dentro. Un vuoto che non sa combattere. A cui non è abituata. Che le fa male. Lasciarsi andare ad un sentimento così puro. Le parole di Gustav Beauregard le ronzano ancora per la mente.  
"Ti chiamo
Lo butta via in un impeto di rabbia. Il c.pad cozza contro la parete ma non si rompe. Lei serra la mascella. Fa in tempo a maledirsi - Nicole Corradine Moore - in tempo a ringhiare contro lo specchio che ne riflette una figura fasciata di rosso e nero prima di chiudersi dietro i pensieri e guadagnare il suo posto sulla lattina. Quello che - tutto sommato - non avrebbe mai sperato di avere. 

venerdì 19 settembre 2014

E' scappata dallo skyplex perchè ne aveva bisogno. Ha raggiunto Horyzon prendendo due diversi voli così da non dare troppo nell'occhio. Così da non creare sospetti. Si è vestita bene. Diversa dal solito. Più donna e meno soldato raccogliendo i capelli sotto un basco dalla visiera ampia, così da celare il viso ad occhi e telecamere.
Ha un occhio nero, la guancia tumefatta. Nonostante tutto è bella, Nicole Corradine Moore, come non lo è mai stata. Bella come non mai. L'occhio nero le ricorda che è testarda e che non sta mai zitta. Che non ha problemi a dire quello che pensa. Che - tutte le volte - c'è qualcuno che la ringrazia a modo suo. Stampandole un pugno in pieno volto. 
Avanza piano lungo il corridoio di quell'ospedale. Pareti bianche. Persone in camice che vanno avanti ed indietro. Lei è li solo per un paziente che la riprenderà appena metterà piede nella stanza ed è per questo che - ancora prima di permettergli di realizzare chi è - Nicole Corradine Moore mette le mani avanti senza rendersi conto - forse - di essere la fonte scatenante di mille reazioni. Una dopo l'altra. Una diversa dall'altra.
Almeno fin quando non è lui a prendere in mano le redini di un gioco che si fa sempre più pericoloso. Le mani che sfiorano il corpo. Che s'accarezzano senza però mai andare oltre. Lasciando il desiderio sulla pelle di un altro contatto. Più intenso e vibrante. Più forte così come il caldo che le scalda il ventre quando lui la morde da sopra la maglia. Per non spogliarla e perdere l'ultimo briciolo di lucidità. Che non possono permettersi di perdere.
Non dovrebbe essere neanche li, Nicole Corradine Moore. Ed invece ora è stesa su un letto d'ospedale. Con gli ormoni che chiedono vendetta, gridando forte dentro la sua testa di cedere. Con tutta sè stessa. Di lasciarsi andare. Con tutta sè stessa. Di annullare i pensieri e - semplicemente - di vivere. Con tutta sè stessa. Invece no. E' lei quella che ricorda chi sono e cosa sta succedendo. Quel qualcosa che non dovrebbe succedere. Non li. Non in questo modo. Anche se sarebbe forse solo più divertente.
Nicole Corradine Moore esce da quella stanza barcollando. Come un'ubriaca a cui hanno appena tolto la bottiglia. L'attimo prima che lei riuscisse a finirla. Si poggia contro la parete bianca dell'ospedale. Qualcuno le chiede se sta bene perchè - improvvisamente - si ritrova a ridere da sola. E' una risata di chi è soddisfatto. Appagato, non nel fisico ma nell'anima. Di chi ha la scusa - o anche solo il pretesto - per dormire sonni tranquilli. Di chi ha un amore clandestino da difendere. 
Esce dall'ospedale con una faccia ebete stampata in viso. Solo in quel momento sfila via il cappello per lasciare che i capelli - liberi e sospinti leggermente dal vento - le accarezzino il viso li dove - fino a pochi attimi prima - qualcuno stava sfiorando anche l'anima.
So dove abiti. Nicole Corradine Moore non aspetta altro che quella promessa - nascosta sotto una velata minaccia - venga portata a termine. 

lunedì 15 settembre 2014

Nicole Corradine Moore è tornata sullo skyplex senza un fiato nè un lamento. La testa alta e lo sguardo serio ed assorto. I capelli non più in ordine. Quell'ordine che non le appartiene e che qualcun altro ha scelto per lei. Ancora una volta. Legge le notizie sulla rete cortex che non parlano di lei ma che le rivelano - ancora una volta - quanto sia stata stupida
Il senso di colpa le scivola sulla pelle come un serpente a sonagli. Le stringe il cuore fin quasi a fermarle il respiro, ciò nonostante lei non tentenna. Nicole Corradine Moore continua a camminare verso la panoramica per lasciare che gli occhi si perdano nell'immensità dell'universo. Li dove - forse - può non vacillare. Puzza di alcol nonostante la schiena dritta e la posa composta. Puzza al punto tale da far allontanare quelli che ha attorno. Qualcuno chiama la sicurezza. Nicole Corradine Moore li lascia venire osservandoli dietro una patina ovattata. Che ha il gusto amaro di qualcosa di non detto. Uno di loro l'accompagna nella sua stanza. Lei ci entra dentro osservando distrattamente il cucciolo steso tra i cuscini. Un'altra di quelle cose che qualcun altro le ha suggerito di fare. Non è nata da una sua idea di fondo. Il cane abbaia appena. Le gira la testa. Non fa in tempo a sedersi sul letto. Non ci arriva nemmeno. Il tonfo per terra è sordo. Sa di sporco quasi quanto è sporca lei che sente il sangue di quel bambino tra le dita. Timothy Banks, 10 anni. Quelle semplici parole le stringono il cervello. Le arroventano l'anima come se qualcuno ci stesse infilando dentro un coltello dalla lama appena scaldata. Bruciante come l'alcol che - poco dopo - le risale lungo la gola. Rimette anima e rabbia. Rimette delusione e disagio. Rimette anche impotenza. Quella che l'ha vista scappare via di fronte alle parole di Owen. Nicole Corradine Moore sa che lui l'ha fatto per proteggerla. Per evitarle ulteriori domande. Per evitarle ulteriori guai. Respira a fatica sentendo l'odore forte dell'alcol stampato sul pavimento. Il cane la guarda con la testa reclinata di lato. Lei risponde a quello sguardo con gli occhi lucidi. La mascella serrata.
Sa che avrebbe potuto salvarli entrambi. Sa che sarebbe riuscita ad evitare tutto. Sa che per ogni cosa - anche il fatto che adesso dovranno vedersi come due amanti clandestini - la colpa è solo sua. C'è rumore di qualcosa che si rompe. Rumore di cocci in terra. Di specchi che vengono distrutti. Di lenzuola strappate e sedie rotte. C'è rumore nella camera di Nicole Corradine Moore. Ed è il rumore dell'anima che - senza preavviso - s'è appena spezzata.