sabato 15 novembre 2014

History of lies

L'uomo è l'animale più infedele e bugiardo di tutto il Verse. Nicole Corradine Moore se ne rende conto l'attimo in cui si ferma di fronte allo specchio della sua nuova camera da letto nel ranch. Nuova vita, nuovo inizio. Indossa un abito dai ricami sottili e pregiati. Fino a due ore prima lo stringeva tra le dita delle mani con l'impulso di farlo in mille minuscoli sottili pezzi. Gli stessi in cui s'è spaccato il suo cuore. Milioni di piccoli pezzi. Poi - alla fine - ha voluto semplicemente provarlo.
Era il frutto di una promessa - di un'altra bugia.
Gli occhi scorrono dal basso verso l'alto risalendo lentamente lungo le gambe lasciate nude in quel gioco vedo-non vedo che avrebbe voluto sperimentare, almeno una volta. Segue la curva sinuosa dei fianchi li dove ha visto poggiare mani desiderose mentre le labbra chiedevano "Non lasciarmi".
Ha continuato quella risalita all'altezza dell'ombelico e poi via su tra i seni. Sei preziosa. Teme una sola cosa. L'abisso che potrebbe vedere riflesso in quegli occhi verdi.
Li raggiunge in quel momento e non si riconosce. Sei mia. Il vuoto che ne rischiara il verde è quasi come un mare in tempesta. Forte e burrascoso. Le braccia si avvolgono in un abbraccio che fa male. In cui si rannicchia nella speranza di svegliarsi e sapere che è stato solo un brutto sogno - o un incubo. E che lui è ancora li. Dietro di lei, magari, che aspetta di vederla comparire per strapparle di dosso proprio quei vestiti. Sei sempre stata mia. C'erano tante promesse. C'erano tante parole vuote ed un Ti amo di troppo che non avrebbe mai voluto sentire.
Sei forte, puoi fare tutto. 
Avrebbe voluto gridare al mondo di essere sua. Avrebbe voluto correre tra quelle quattro mura per sentire - di nuovo - le mani di un ragazzo dai capelli rossi che la prende in braccio per trascinarla dietro un angolo. L'impulso di una sveltina solo per il desiderio di stare assieme. Avrebbe voluto tante cose, Nicole Corradine Moore. Ed ha fatto l'unica che le ha spezzato il cuore. Ti ho spezzato il cuore ed ho spezzato anche il mio.
Torna a guardarsi nello specchio. Torna a chiedersi chi c'è dietro quello sguardo e quel vestito - che non sa se tenere o se rimandare indietro.  

Preferisco lasciare entrambe, piuttosto che farvi stare lontane
Sorride in quel momento. L'uomo è l'animale più infedele e bugiardo di tutto il Verse.    E lui è il peggiore di tutti.

venerdì 7 novembre 2014

Safety

Parlare con Grace Sullivan è stato liberatorio. Farlo con Zoey Miller invece è stato devastante. Aver detto ad una delle cose ed averne negate alcune all'altra. Aver sentito scorrere tra le dita i pezzi di una vita che sta cercando di rimettere in piedi. Perchè Nicole Corradine Moore sa che - più vanno avanti - più dovranno stare attenti. Sa che più passa il tempo meno possibilità ha di stare con lui. Doveva essere più facile. Invece - ogni giorno - diventa più difficile. Ed è tutto più semplice quando c'è lui vicino. 
Si guarda nello specchio stretta in quel maglioncino multicolor che ha trovato in un vecchio banco nei pressi dei sobborghi. Sta meglio. Lo si vede dalle guance. Lo si vede dalla pelle e dalle occhiaie. Lo si vede dai piccoli gesti con cui si sfiora, sistemandosi i capelli e mettendo un filo di matita nera sugli occhi. La riga che Daphne Kim le ha insegnato a disegnare sulla pelle. Tra le ciglia spesse.
Si guarda e solo ora inizia a riconoscersi un pò. Ora che ha quasi smesso di aver paura. Il buio non la spaventa più come prima. Non ha lo stesso effetto. Piano piano inizia a recuperare sicurezza. Le dita tremano meno quando stringono - tra le mura del suo appartamento - quella vecchia weyland. Sono solo gli occhi quelli che non ce la fanno. Gli occhi che - ancora - non ne vogliono sapere di tornare a sorridere. Conservano pezzi di una vita che non avrebbe mai desiderato conoscere. Vita che l'ha resa comunque più forte del previsto.  
Mi fa piacere sentirtelo dire. Sei forte, puoi fare tutto. 
Ci sono cose che - tuttavia - sa di non poter fare. Tutto sommato, ride. A lei basta poter camminare mano nella mano con il ragazzo dai capelli rossi e gli occhi verdi. Quello che la guarda e la stringe tra le braccia. Quello che - pur nascondendosi - continua a dirle che è l'aria con cui riesce a vivere. A lei basta questo. Tutto il resto verrà da sè. 

domenica 2 novembre 2014

Fear

E' notte tarda ma Nicole Corradine Moore non riesce a dormire. Nonostante le luci accese, Spritz sul letto con il muso poggiato contro una coscia nuda e la pistola sul comodino, lei non riesce a dormire. Ha addosso un'ansia particolare. Una sottile diffidenza verso il mondo che la costringe a stare con gli occhi sbarrati e le ginocchia raccolte in grembo per timore che qualcuno - proprio li nel buio - le strappi via a morsi un altro pezzo di vita. Quella che sta cercando - passo dopo passo - di recuperare.
 .Non è il buio che fa paura. 
Osserva la parte vuota al suo fianco li nel letto. Avrebbe voluto vederci scivolare qualcuno..in religioso silenzio..Avrebbe voluto lasciarsi semplicemente abbracciare senza pensare a niente..Avrebbe voluto quelle quattro braccia attorno a sè. Braccia che non riesce ad avere..Avrebbe voluto solo un sorriso.. 
L'istinto di prendere il cortex è forte. Così forte che le squassa il petto in un sussulto evidente. Non lo fa invece. Resiste scorticandosi le labbra con i denti fin quasi a farle sanguinare. 
  • Ripensa alle promesse fatte. Alcune dette ma mai mantenute. 
  • Ripensa ai tatuaggi sulla pelle. Quelli che non ha lei - che non avrà mai - che le ricordano un appartenere sempre più lontano..Per non ricordare a sè stessa che - forse - non l'ha mai davvero avuto.
  • Ripensa all'offerta di un luogo di pace..Sempre più vicino e sempre più desiderato.
  • Ripensa alla prigione.
Nicole Corradine Moore sa di doverne uscire da sola. Di non poter fare affidamento su nessuno - anche se vorrebbe. Non lo fa per scelta. E' così. Lo sa, lei, ora che osserva il setter bianco steso sul letto. 
"Siamo solo noi due, vero bello?" 
Spritz abbaia. Forse capisce. Lei - alla fine - rimbocca le coperte ed allunga la mano per spengere la luce. Le dita tremano appena.  
Se quella notte il buio passerà per divorarla forse avrà trovato solo la scusa per poter piangere in silenzio.

lunedì 20 ottobre 2014

Into the deep

Non c'è più tempo per lasciarsi andare. Nicole Corradine Moore l'avverte nell'attimo in cui il suo c.pad suona furiosamente. Non c'è più tempo per pensare a quella pistola poggiata sul comodino che qualcuno le ha detto di infilarsi in bocca per non sentire troppo male. Una morte rapida ed indolore sempre se indolore si può definire la fredda canna di una pistola che ti apre la testa. Non c'è tempo neanche per rimettere l'anima e cercare di far affievolire la pesantezza che si trascina da settimane, quella legata agli antidolorifici che prende.
Raccatta due cose. Quelle più facili da trasportare poi il c.pad suona di nuovo.  
Seven Hills. Ti aspettiamo la. 
Sa esattamente chi è senza bisogno di rispondere. Macina pensieri uno dietro l'altro mentre lascia l'appartamento e sparisce. Così com'è arrivata. Non un suono. Non un lamento. Niente di niente. Raggiunge un pianeta freddo con il solo fottuto desiderio di stringere tra le braccia le persone che ama.
Daphne Kim che le riversa addosso l'amore per la Head anche se non a parole, lo fa a gesti. Che le dice che non doveva andare così. Che non è giusto. Daphne Kim che beve al posto di tutti per affondare nell'alcol un dolore che si porta dietro da settimane. No, forse - persino - anni.  
Non è un addio. E' un arrivederci. Troveremo sempre il modo di stare assieme.  
Nel momento in cui lo dice è sincera ma gli occhi si spostano su quella figura che non ha ancora detto parola se non qualche suggerimento su cosa fare. Razionale, freddo e calcolatore. Attento semplicemente. Si avvicina per un contatto. Stupido che possa essere sotto quelle parole che le chiedono di fare attenzione. No che la obbligano a promettere che farà attenzione.
Lo bacia in silenzio. Un bacio che sa di birra. Vorrebbe dirgli "Ti amo" e sentirselo scivolare addosso, sulla pelle come non hanno mai fatto. Vorrebbe stringerlo con tutta la forza di questo mondo perchè - lo sa - che se torna ad essere quell'aria fresca della sua vita deve farlo nel migliore dei modi. Portando conforto. Null'altro. Non fa niente di tutto questo invece. Non lo guarda neanche quando parla. 
Prometto. 
Se ne va lasciandoli li. Dentro quel bar. Se ne va senza guardarli. Se ne va senza un lamento. Spalle dritte e schiena tesa mentre i muscoli fremono per quel nervoso che le cresce dentro. Secondo dopo secondo. Passo dopo passo. Non si volta perchè non ce la farebbe ad andare via altrimenti. Stringe i denti. Stringe i pugni. Mai come ora desidera tenerli al sicuro. Conosce solo un modo per farlo. E farà di tutto per metterlo in pratica. Ed il baratro non è mai stato così vicino come lo è ora.
Prometto. 

giovedì 16 ottobre 2014

The Mummy

Qualcuno le ha sfondato la faccia con un calcio. Le ha fatto saltare la mascella. L'ha costretta in un limbo da cui non riesce ad uscire. Da cui non può uscire.  
Se n'è andata per questo. Si è fatta portare via dall'unica persona che - per ora - riesce a metterle le mani addosso. Perchè Nicole Corradine Moore non si farebbe toccare da nessun altro se non da suo padre.  Sta fissando il soffitto di una clinica che non sente sua. Che non ha mai visto. Non è casa perchè non c'è nessun posto che lei riesce a chiamare davvero casa. Non ha i colori del suo appartamento. Non ha i colori della sua camera sulla lattina. Non ha niente che le ricordi qualcosa. E' solo un soffitto marrone. Un pò anonimo che guarda perchè non ha la forza per fare altro stesa su quel letto d'ospedale. 
L'ha operata da poco Gustav Beauregard. Le ha detto che è andato tutto bene ma che - per la sua sicurezza - dovrà lasciare presto Safeport. Sa di non poter rimanere. In parte non vuole neanche farlo. Ha il viso fasciato. La mascella bloccata. La voce che esce metallica. Che non riconosce e non le appartiene quasi come tutto quello che la circonda. Compreso l'uomo che ama.  
Che è combattuto e costretto - quasi quanto lei - in quel limbo da cui non possono uscire. Ci sono due mamme che litigano. Che si azzuffano come due bambine indispettite. E si sa che quando i genitori litigano chi ci rimette sono sempre i bambini.  
Qualcosa scorre nelle vene in quel momento. Il medico somministra una dose di antidolorifico direttamente endovena. Non ci vuole molto perchè la vista s'appanni. Inizi a vedere sempre di meno fin quasi a lasciar sparire ogni cosa lasciando spazio solo a delle voci in lontananza. Poi - piano piano - spariscono anche quelle.  
Lasciano - per un attimo - spazio solo ai pensieri. Danno modo di portare a galla alcune cose. Il messaggio di Daphne Kim che si scusa e che le dice che c'è un pollo con le patate, da qualche parte, ad aspettarla. Di un medico che le dice che ha avvertito una persona. Quella persona e che lui vorrebbe passare a trovarla.  
Non voglio vederlo. Continua a ripeterlo dentro la sua testa, Nicole Corradine Moore, ben sapendo che non c'è niente - se non quel sorriso - che la fa stare bene. Non c'è niente - se non quegli occhi grigi - che riesce a mozzarle il fiato.  
Fai ciò che reputi più giusto. 
Mai come ora quelle parole le sembrano così maledettamente fuori posto. 

martedì 14 ottobre 2014

After the night

E' rientrata nella sua camera a piedi nudi visto che le scarpe - troppo alte per lei - le tiene infilate tra indice e medio della mano destra. E' entrata in camera sua in punta di piedi con gli occhi stanchi. E' un pò spossata, Nicole Corradine Moore, dopo una giornata che non sembrava finire mai.  
Lascia cadere le scarpe a terra richiudendo con un piede la porta dietro le sue spalle. Spritz, sul letto, la guarda con la testa reclinata di lato. Lei gli sorride. C'è sempre la Solo dietro tutto quel trucco e quel corpetto stretto che - piano piano - prende a slacciare riprendendo, forse solo in quel momento, a respirare davvero.  
L'ha cercato con lo sguardo per tutta la sera. L'ha trovato intento a parlare prima con una poi con un'altra persona. Troppe donne e tutte con troppi problemi. Ha lasciato correre concentrandosi su quello che aveva attorno. Zoey Miller delusa dalla decisione di Gustav Beauregard. Medico che si è sposato senza avvertire nessuno. In una chiesetta bianca in mezzo ai campi coltivati. Li dove l'odore di casa è più forte e fa tornare tutti un pò bambini. Compreso lui.  
A differenza della rossa, Nicole Corradine Moore, non è rimasta ferita dalla sua scelta. Ha capito. Ha saputo comprendere ed ha gioito della sua felicità anche se questa ha fatto male a tante persone. Non a lei che - sorridente - gli ha fatto solo i complimenti. Anche se gli ha strappato una promessa ed un viaggio. Li in quella casa dove lui vorrebbe portarla.  
Lascia cadere i vestiti - o quello che ne rimane - in terra infilandosi a piedi scalzi in bagno. Si guarda allo specchio in quel momento cercando - dietro quella maschera e quei boccoli - la donna che conosce e che - tutto sommato - non ha mai smesso di essere. 
Ripensa alle sapienti mani di Daphne Kim sul viso mentre la trasforma e la nasconde. Ripensa al viso della donna ora più sorridente del solito. Più solare e meno preoccupata. Sa che sta mangiando,Nicole Corradine Moore, e - in cuor suo - ne è felice. 
E ripensa anche ad un paio di occhi verdi. A delle lentiggini ed ai capelli rossi di un uomo che l'abbraccia trascinandosela cavalcioni sopra le gambe. Ad un uomo che - per la prima volta forse - si lascia andare con slancio contro di lei, tirandosela in braccio come se non potesse farne a meno. Ripensa a quelle chiavi che tintinnano di fronte all'uscio di casa, li dove - tra una risata ed un paio di baci - ha stretto le gambe attorno ai suoi fianchi. 
Nicole Corradine Moore apre l'acqua della doccia lasciando che questa scorra lenta sulla pelle. Non ha avuto modo di portarlo via durante la serata ma - tutto sommato - sa che, da oggi potrà approfittare maggiormente della sua presenza. 
E chissà se - un giorno - non saranno gli occhi grigi quelli che potrà vedere nascosti - magari - dietro un paio di occhiali scuri.

martedì 7 ottobre 2014

Pieces

Sono successe un pò di cose. Alcune sono andate al loro posto, altre - invece - continuano a non darle tregua. 
Nicole Corradine Moore avanza lungo la passeggiata guardando distrattamente all'indirizzo del mare. Il freddo inizia a percorrere Capital City come se non ci fosse un domani. Ha guadagnato dei soldi senza muovere un fottuto muscolo. Sta mettendo da parte un bel gruzzolo ma siamo ben lungi dall'essere felici.
Ha l'aria un pò tesa di chi vorrebbe di più. Di chi si rende conto di essere - improvvisamente - diventata avida : di soldi e di carezze. Di attenzioni. Di qualsiasi genere esse siano.  Si sente un pò in colpa per questo, Nicole Corradine Moore. Ha già tanto e vorrebbe di più.
C'è stato un giorno in cui s'è ritrovata a fissare l'immagine riflessa nello specchio e chiedersi se la persona che sta diventando, sotto l'aiuto di qualcuno troppo in alto e così maledettamente irraggiungibile, è quella che vuole essere o meno.  
C'è un noi nell'aria. Gli occhi corrono velocemente all'indirizzo dell'armadio, li dove un abito dai ricami precisi, le ricorda che non è sola. Che - probabilmente - non lo è mai stata. Ma c'è quel groppo nella gola che non va mai davvero via. Che la lascia spossata ed inappagata. Insofferente. Si rende conto di essere gelosa, Nicole Corradine Moore. Per la prima volta in vita sua, sa di essere gelosa e non doversi preoccupare di niente. Si fida e non si fida. Non teme e teme. E' una lotta continua per chi - a quei sentimenti - non è mai davvero stata abituata. 
Daphne Kim ha lasciato l'ospedale. E' tornata a casa e mangia. Poco ma mangia. Non l'ha abbandonata ma ha bisogno di staccare un attimo la spina poi tornare a cercarla. C'è qualcosa che non le piace e che la tiene sul chi va la sempre. Costantemente. L'ha promesso a sè stessa che cercherà - in tutti i modi - di proteggerla. A costo della sua stessa vita che sa non valere poi così tanto. 
Gustav Beauregard che la fa ridere. Che la tratta come una figlia. Che le dice cos'è giusto fare e cosa non è giusto. Che la spinge - costantemente - ad essere più decisa quando si tratta di prendere una decisione che riguarda la sua felicità. Anche se rischia di fare male più di quanto lui possa immaginare.  

Si ferma poggiando le braccia lungo il parapetto che la separa dalla spiaggia. Si accende una sigaretta. Abbassa il viso per guardare distrattamente il c.pad poi manda un messaggio a cui neanche aspetta una risposta. Lo fa perchè vuole farlo. Tornerà a guardare il mare poco dopo, Nicole Corradine Moore. E lo farà sorridendo.

sabato 27 settembre 2014

Ha aspettato quella sera come se non dovesse mai arrivare. Ha svuotato l'armadio della sua stanza. L'ha riversato sul letto fino a trovare gli abiti adatti, forse troppo scollati anche per lei, da indossare. E' scesa nell'attimo in cui il campanello l'ha avvisata del suo arrivo. L'euforia che ne caratterizza i gesti è così palpabile che sembra quasi essere tornata bambina - quella che non è mai stata o che qualcuno le ha negato di essere.
L'abbraccia piano ma c'è - nell'aria - il sentore di una presenza ingombrante. La amano entrambi ed entrambi - probabilmente - si sentono in colpa per aver cercato un movimento di evasione, che non arriva mai e che dura sempre troppo poco.
Quando raggiungono il Belvedere sono già uscite tante cose in quella macchina. Cose che l'hanno fatta diventare improvvisamente stretta eppure, Nicole Corradine Moore, alla vista di quel vestito quasi sbianca. Non sa se esserne sconvolta o se sprizzare felicità da tutti i pori. Le piace. Con quelle trasparenze. Le piace l'idea di metterlo per poi seguirlo mentre glielo sfila via, lasciandola nuda come già una volta ha fatto.
E poi arriva quella notizia. La decisione che lui ha già preso e che le riscalda le viscere fin quasi a farla esplodere. Che le toglie la terra da sotto i piedi e che la vede intenzionata a fuggire via. Di nuovo. Come un gatto ferito che cerca un posto dove morire in solitudine.
L'angoscia di doverlo dividere. Di saperlo tra le braccia di qualcun altro - non per amore - ma perchè necessario. Per una causa più grande, anche se fa male ad entrambi e distrugge qualcosa.  
"Dimmi cosa vuoi che faccia?
Non ha mai chiesto niente Nicole Corradine Moore. Non ha chiesto di passare del tempo con lui. Non ha chiesto di far parte della sua vita. Non ha neanche risposto a quella che lui ha definito come una "relazione clandestina". L'ha semplicemente accettato. Come si accettano i regali o i baci. Come si accettano altre cose. Ora chiede. Chiede per sapere. Chiede per avere una risposta che lei non riesce a trovare, perchè troppo spaventata per ammettere che - dividerlo con altri - non è cosa che vorrebbe gestire. Non è un qualcosa che vorrebbe fare.
Il silenzio è tagliente e ci sono dentro tante domande. Baciami. Non lasciarmi. Ti ho spezzato il cuore e lo sto spezzando anche a me stesso. Poi - alla fine - semplicemente, non odiarmi
In quel momento Nicole Corradine Moore vorrebbe maledirlo. Fargli tanto di quel male da avere le unghie spezzate ed il sangue sulle dita perchè vorrebbe odiarlo. Con tutta sè stessa. Vorrebbe odiarlo per non stare così male. Per non sentire così male dentro. Nel profondo. Li dove non è mai arrivato nessuno ed invece lui - il sapiente ballerino - ha saputo fare breccia piano piano. Pezzo dopo pezzo. Mattone dopo mattone.
I vetri del Suv s'appannano da quel momento in poi mentre una miriade di lanterne volano verso l'alto. Volevano essere guardate forse ma loro erano troppo presi a riversarsi addosso tutto, compresa l'anima.  
Sarà forse solo dopo quando - stanca e spossata - nel letto del suo appartamento, Nicole Corradine Moore si ritroverà a fissare il soffitto, senza sapere se - domani - potrà ancora dire noi.

giovedì 25 settembre 2014

Nicole Corradine Moore si sta preparando per iniziare l'ennesima giornata di lavoro. Quella che le permetterà di non pensare e di concentrarsi solo sul dovere. Senza piaceri nè altro. 
Ha riletto più volte il messaggio che Gustav Beauregard le ha mandato. L'ha riletto così tante volte da strapparle qualcosa nel petto. E non è del tutto sicuro che il cuore non abbia fatto crack in quel momento. Tutto sommato è felice per lui, Nicole Corradine Moore. E' felice che qualcuno - a cui lei tiene molto anche se non lo dice spesso - abbia trovato un momento di pace e di serenità. Sospira. 
Si volta pronta per recuperare le ultime cose e gli occhi verdi si soffermano sulle lenzuola bianche della sua camera da letto. La camera più spartana che possa esserci. Una delle camere poco femminili del Verse nonostante appartenga ad una donna.  
Non ci mettono molto i pensieri a tornare a galla. Daphne Kim che barcolla. Che ha i polsi segnati. Che si è fatta al punto tale da rischiare di morire. Daphne Kim a cui ha detto che la preferisce morbida. Con tutto quello che c'è da toccare al posto giusto. Nei punti giusti. Daphne Kim che sorride e che piange. Che ha paura ma che si ostina - con tutta la forza che solo una Yiji possiede - a lottare per coloro che ama. Per coloro che ci tengono. Per quei pochi che - con ostinazione - la spronano per andare avanti. Per non cedere. Per non cadere.
Tornano alla mente delle promesse che non si stanno avverando. Che forse sono stati più desideri di una sciocca ragazzina che veri pensieri. Osserva il c.pad distrattamente nella speranza di vedere avverati quegli stessi desideri che non la fanno dormire la notte. Che le lasciano un vuoto dentro. Un vuoto che non sa combattere. A cui non è abituata. Che le fa male. Lasciarsi andare ad un sentimento così puro. Le parole di Gustav Beauregard le ronzano ancora per la mente.  
"Ti chiamo
Lo butta via in un impeto di rabbia. Il c.pad cozza contro la parete ma non si rompe. Lei serra la mascella. Fa in tempo a maledirsi - Nicole Corradine Moore - in tempo a ringhiare contro lo specchio che ne riflette una figura fasciata di rosso e nero prima di chiudersi dietro i pensieri e guadagnare il suo posto sulla lattina. Quello che - tutto sommato - non avrebbe mai sperato di avere. 

venerdì 19 settembre 2014

E' scappata dallo skyplex perchè ne aveva bisogno. Ha raggiunto Horyzon prendendo due diversi voli così da non dare troppo nell'occhio. Così da non creare sospetti. Si è vestita bene. Diversa dal solito. Più donna e meno soldato raccogliendo i capelli sotto un basco dalla visiera ampia, così da celare il viso ad occhi e telecamere.
Ha un occhio nero, la guancia tumefatta. Nonostante tutto è bella, Nicole Corradine Moore, come non lo è mai stata. Bella come non mai. L'occhio nero le ricorda che è testarda e che non sta mai zitta. Che non ha problemi a dire quello che pensa. Che - tutte le volte - c'è qualcuno che la ringrazia a modo suo. Stampandole un pugno in pieno volto. 
Avanza piano lungo il corridoio di quell'ospedale. Pareti bianche. Persone in camice che vanno avanti ed indietro. Lei è li solo per un paziente che la riprenderà appena metterà piede nella stanza ed è per questo che - ancora prima di permettergli di realizzare chi è - Nicole Corradine Moore mette le mani avanti senza rendersi conto - forse - di essere la fonte scatenante di mille reazioni. Una dopo l'altra. Una diversa dall'altra.
Almeno fin quando non è lui a prendere in mano le redini di un gioco che si fa sempre più pericoloso. Le mani che sfiorano il corpo. Che s'accarezzano senza però mai andare oltre. Lasciando il desiderio sulla pelle di un altro contatto. Più intenso e vibrante. Più forte così come il caldo che le scalda il ventre quando lui la morde da sopra la maglia. Per non spogliarla e perdere l'ultimo briciolo di lucidità. Che non possono permettersi di perdere.
Non dovrebbe essere neanche li, Nicole Corradine Moore. Ed invece ora è stesa su un letto d'ospedale. Con gli ormoni che chiedono vendetta, gridando forte dentro la sua testa di cedere. Con tutta sè stessa. Di lasciarsi andare. Con tutta sè stessa. Di annullare i pensieri e - semplicemente - di vivere. Con tutta sè stessa. Invece no. E' lei quella che ricorda chi sono e cosa sta succedendo. Quel qualcosa che non dovrebbe succedere. Non li. Non in questo modo. Anche se sarebbe forse solo più divertente.
Nicole Corradine Moore esce da quella stanza barcollando. Come un'ubriaca a cui hanno appena tolto la bottiglia. L'attimo prima che lei riuscisse a finirla. Si poggia contro la parete bianca dell'ospedale. Qualcuno le chiede se sta bene perchè - improvvisamente - si ritrova a ridere da sola. E' una risata di chi è soddisfatto. Appagato, non nel fisico ma nell'anima. Di chi ha la scusa - o anche solo il pretesto - per dormire sonni tranquilli. Di chi ha un amore clandestino da difendere. 
Esce dall'ospedale con una faccia ebete stampata in viso. Solo in quel momento sfila via il cappello per lasciare che i capelli - liberi e sospinti leggermente dal vento - le accarezzino il viso li dove - fino a pochi attimi prima - qualcuno stava sfiorando anche l'anima.
So dove abiti. Nicole Corradine Moore non aspetta altro che quella promessa - nascosta sotto una velata minaccia - venga portata a termine. 

lunedì 15 settembre 2014

Nicole Corradine Moore è tornata sullo skyplex senza un fiato nè un lamento. La testa alta e lo sguardo serio ed assorto. I capelli non più in ordine. Quell'ordine che non le appartiene e che qualcun altro ha scelto per lei. Ancora una volta. Legge le notizie sulla rete cortex che non parlano di lei ma che le rivelano - ancora una volta - quanto sia stata stupida
Il senso di colpa le scivola sulla pelle come un serpente a sonagli. Le stringe il cuore fin quasi a fermarle il respiro, ciò nonostante lei non tentenna. Nicole Corradine Moore continua a camminare verso la panoramica per lasciare che gli occhi si perdano nell'immensità dell'universo. Li dove - forse - può non vacillare. Puzza di alcol nonostante la schiena dritta e la posa composta. Puzza al punto tale da far allontanare quelli che ha attorno. Qualcuno chiama la sicurezza. Nicole Corradine Moore li lascia venire osservandoli dietro una patina ovattata. Che ha il gusto amaro di qualcosa di non detto. Uno di loro l'accompagna nella sua stanza. Lei ci entra dentro osservando distrattamente il cucciolo steso tra i cuscini. Un'altra di quelle cose che qualcun altro le ha suggerito di fare. Non è nata da una sua idea di fondo. Il cane abbaia appena. Le gira la testa. Non fa in tempo a sedersi sul letto. Non ci arriva nemmeno. Il tonfo per terra è sordo. Sa di sporco quasi quanto è sporca lei che sente il sangue di quel bambino tra le dita. Timothy Banks, 10 anni. Quelle semplici parole le stringono il cervello. Le arroventano l'anima come se qualcuno ci stesse infilando dentro un coltello dalla lama appena scaldata. Bruciante come l'alcol che - poco dopo - le risale lungo la gola. Rimette anima e rabbia. Rimette delusione e disagio. Rimette anche impotenza. Quella che l'ha vista scappare via di fronte alle parole di Owen. Nicole Corradine Moore sa che lui l'ha fatto per proteggerla. Per evitarle ulteriori domande. Per evitarle ulteriori guai. Respira a fatica sentendo l'odore forte dell'alcol stampato sul pavimento. Il cane la guarda con la testa reclinata di lato. Lei risponde a quello sguardo con gli occhi lucidi. La mascella serrata.
Sa che avrebbe potuto salvarli entrambi. Sa che sarebbe riuscita ad evitare tutto. Sa che per ogni cosa - anche il fatto che adesso dovranno vedersi come due amanti clandestini - la colpa è solo sua. C'è rumore di qualcosa che si rompe. Rumore di cocci in terra. Di specchi che vengono distrutti. Di lenzuola strappate e sedie rotte. C'è rumore nella camera di Nicole Corradine Moore. Ed è il rumore dell'anima che - senza preavviso - s'è appena spezzata.

martedì 5 agosto 2014

E' in un letto dalle lenzuola sgualcite e disordinate che ancora conservano l'odore di quanto successo. Nicole Moore non ha ancora aperto gli occhi. Sarà che la vicinanza con quelle lenzuola sembra lasciarle addosso un senso di appagamento completo. Appare più che mai serena e rilassata. La debole luce che filtra dalle tende tirate all'interno della stanza rischiarando appena una gamba nuda che scivola via dalle lenzuola. La schiena scoperta, i capelli sparsi sul cuscino. La casa è silenziosa nonostante si tratti di un piccolo appartamento a Capital City. Spartano come la sua stanza sullo skyplex a ricordarle che probabilmente dovrebbe mostrare un briciolo di senso dell'organizzazione più femminile che maschile.  
E' in quel momento che la porta dell'appartamento si apre. L'attimo in cui lei apre gli occhi. Owen Duhnam è appena rientrato dalla sua giornata lavorativa. Si muove veloce in quella che è casa sua. Sfila la giacca e, nonostante la fretta di raggiungere la camera da letto, la ripiega con cura poggiandola sul bordo di una sedia a sottolineare che non può rimanere molto. Che deve tornare a lavoro. Entra nella camera da letto piano cercando di fare meno rumore possibile anche se è pienamente consapevole che lei è già sveglia. Siede sul letto piano lisciando la cravatta che oggi, di un grigio chiaro, ne ferma la camicia all'altezza del collo.
E' la prima cosa che Nicole Moore recupera tra le dita della mano destra tirandosi appena su così da scoprire del tutto un seno. Nel gesto l'attira a sè. Come già fatto non troppo tempo fa. 
"Sono tornato solo per dirti che stasera ceniamo insieme"
"E non potevi mandare un messaggio?"
"Non mi sarei perso uno spettacolo del genere per nulla al mondo" 
Il sorriso che illumina il viso di Nicole Moore è fin troppo chiaro. Impreziosito da quella sottile vena maliziosa che tutte le donne possiedono. Lei è solo più brava a lasciarla scivolare via. Si tira su scivolandogli vicino così da poggiare le labbra contro le sue mentre le braccia s'allacciano dietro il suo collo. La schiena lievemente ricurva ed il corpo che s'adagia piano contro la sua spalla.
"Quanto tempo hai?"
"Sempre troppo poco"
"Mi basta" 
 L'attimo successivo Nicole Moore trascina tra le lenzuola il padrone di casa. Il pomeriggio è troppo lungo per passarlo da sola.

domenica 3 agosto 2014

Non mi hai detto se..?

Skylex - Nicole's Room
E' una stanza piccola e piuttosto spartana. Un letto alla francese, da una piazza e mezzo sfatto e con i cuscini sparsi tra le lenzuola, un piccolo armadio ed una scrivania. Poche cose poggiate sulla stessa. Il c.pad ed un holodesk. Un paio di weyland, più di una e non tutte della stessa dimensione, ed il coltello da caccia. Niente quadri e niente foto. Assomiglia più ad una stanza di scapolo che di una ragazza. Niente finestre. Un carcere più che una camera da letto.
Owen Dunham è seduto sul letto. La posa rilassata, lo sguardo rivolto a quello che ha attorno. In attesa. Un'attesa che sembra interminabile. Si è tolto la giacca per comodità ripiegandola con cura quasi maniacale sull'unica sedia presente nella stanza. Quella vicino alla scrivania.
Nicole Moore è chiusa nel piccolo bagno che ogni camera dello skyplex possiede. E' li dentro da pochi minuti ma che sembrano ore visto che ancora non ha smesso di osservare la figura di giovane donna che lo specchio sembra rimandarle indietro. E' davvero lei?  Ha sistemato i capelli ed ora la treccia è molto più elegante e precisa. Molto più femminile ed ha indossato il vestito. Quello che, una mezz'ora prima, proprio l'uomo seduto sul suo letto le ha comprato. E' corto e scosciato e le lascia la schiena nuda. Forse troppo nuda considerando che neanche i capelli sembrano infastidire la perfezione del quadro completo.
Dopo un sospiro apre la porta del bagno scivolando fuori a piedi nudi ed il viso lievemente abbassato. C'è improvvisamente un silenzio imbarazzante nella stanza. Pregno di ansia e di aspettativa. Di una tensione anche diversa, qualcosa che le premesse iniziali hanno palesemente alimentato. Si morde il labbro inferiore poi solleva il viso per cercare lo sguardo dell'uomo sul letto. Appare comunque risoluta. Decisa a non farsi trovare impacciata. La schiena dritta, le spalle tese. Il mento sollevato. Non c'è paura nei gesti ma forse, un filo di quella stessa paura, scivola via dagli occhi.
"Voltati"
Quell'unica parola le arriva addosso come uno schiaffo violento che le fa anche lievemente girare la testa di lato. Socchiude gli occhi ma non abbassa lo sguardo. Non ora almeno. Poi fa esattamente come richiesto. Piano e lentamente gira su sè stessa prendendo un profondo respiro. Il movimento mette in mostra i tendini della gola e l'incavo della giugulare. Rimane ferma. Di spalle. Non chiede come sta ma è visibilmente in attesa di qualcosa.
E' in quell'attimo che Owen Dunham si alza dal letto. Sente il fruscio sulle lenzuola. Il gesto fluido e deciso. Di chi è comunque il pieno padrone della situazione. Le arriva dietro piano facendole sentire addosso una presenza ingombrante. Più che mai evidente. Nicole Moore stringe la mascella ma non si muove. Neanche quando sente, lentamente, la spallina del vestito scivolare verso il basso. A scoprire la spalla. A lasciar scivolare via lembi di pelle sempre più velocemente. Le dita dell'altra mano all'altezza del fianco che stringe appena per attirarla a sè. Nicole Moore sente l'addome contrarsi in una morsa. Uno spasmo sottile. Un  brivido lungo la pelle. Socchiude gli occhi e schiude le labbra.
"Non mi hai detto se.."
Non fa in tempo a dirlo che anche l'altra spallina scivola verso il basso mentre il tocco leggero delle labbra di lui le accarezza l'incavo del collo. Lei scosta appena di lato la testa per lasciare più spazio. Molto più spazio che lui si prende senza esitazione attirandola più indietro. Contro di sè. Il vestito scivola via, a terra. Ai suoi piedi. Il contatto con la stoffa dietro la schiena le fa perdere il controllo ma, ciò nonostante, non si volta. Sta ancora aspettando una risposta che, alla fine, arriva.
"Le pretese dei tuoi colleghi saranno.."
Tra una pausa ed un'altra. Un morso sul collo.
"Ampliamente ripagate.."
Non aggiunge altro ma dal sorriso soddisfatto che gli taglia il viso in maniera chiara, probabilmente anche le sue, di pretese, saranno ripagate.

sabato 2 agosto 2014


Nicole Moore non appartiene a nessuno. Ha 15 anni, c'è qualcuno che la rincorre lungo la strada principale. Sta scappando. Il fiato corto. Gli occhi sbarrati ed i capelli al vento. Si sentono delle grida dietro di lei. Qualcuno è arrabbiato e ce l'ha con lei. Una vecchietta esce da un vicolo laterale e lei le finisce contro. Ruzzola a terra. Si sbuccia un ginocchio. Il braccio destro. La guancia. Il dolore le percorre la schiena in maniera netta ed istantanea. Violenta persino. E quando scrolla la testa è già troppo tardi. Due mani grandi l'afferrano e la tirano su, trascinandola via.

Nicole non appartiene a nessuno.
Non a suo padre che continua, ancora oggi, a mandarle delle lettere nella speranza di ricevere una risposta che, in verità, non arriverà mai.
Alla donna che l'ha cresciuta, che l'ha incattivita e quasi segregata in una vita che non le è mai appartenuta e che non ha mai considerato sua.
Ai tre figli di quella donna. Ognuno con i suoi modi di fare. Con i suoi gesti. Chi con la malizia. Chi con il suono leggero di una risata. Chi con la sua passione. A travolgerla ed a farla sua. Li, in un vecchio fienile.
A tutte quelle persone che ha incontrato lungo la sua strada. Che l'hanno usata, come lei ha usato loro, e che - nonostante tutto - le hanno dato la possibilità di essere la donna che è ora. Dura ed incattivita. Un animale selvatico ed un pò forastico. Dall'aria sempre imbronciata.

Eppure oggi, Nicole Moore, sente di appartenere a qualcuno. A quell'uomo che, come lei, appare solitario. Che le ha aperto la strada per un qualcosa che forse - anche solo per un dannatissimo istante - ha sempre desiderato con tutta sè stessa. Un branco. Il suo branco. 


Ed in quel branco poi è comparsa un'altra figura. Più ambigua e meno diretta. Schietta nei modi al pari di una lama sottile. Nicole sente di appartenere ad entrambi. In maniera diversa. Per il primo è più un qualcosa di materiale e fisico. Un bisogno di correre nella notte per una lunga corsa senza sosta e senza limiti. Priva di ostacoli. Per l'altro è più mentale. Un qualcosa che le accarezza la pelle. Le fa rizzare i peli delle braccia e le scorre lungo la schiena come un brivido sottile. 

Non sa quanto potrà durare tutto questo ma - ora che apre gli occhi ritrovandosi da sola nella sua stanza sullo skyplex - Nicole Moore sorride.